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«SONO DIVENTATO BALLERINO PER CASO,
CREDEVO CHE AVREI FATTO IL DISEGNATORE»
Un libro per parlare della propria vita, quella
da danzatore ma non solo, e per togliersi qualche sassolino
dalle scarpe. Martedì 10 dicembre, l’assessore
alla Cultura, Gianluca Poldi, porterà a Segrate Maurizio
Tamellini, ballerino della Scala con un lungo curriculum accanto
a étoile e nomi prestigiosi del panorama artistico
italiano e internazionale. Per l’occasione Tamellini
presenterà proprio il suo libro “Non sola(mente)
danza”, un volume in cui racconta la sua vita, che ha
avuto come filo conduttore la danza classica ma, come recita
il titolo stesso, non solamente. “Non sola(mente) danza”
è il racconto appassionato e vero di un ragazzo semplice,
della sua passione per il ballo e della sua determinazione
che lo ha portato a danzare con i più grandi, sui palchi
più prestigiosi e sulle note più famose. Nel
suo viaggio dei ricordi, l’autore sarà accompagnato
dalla straordinaria partecipazione dell’étoile
Luciana Savignano, mentre a moderare l’incontro ci sarà
Francesco Borelli, danzatore e direttore della testata giornalistica
online Dance Hall News. Visto lo spessore del personaggio
ha incontrato Tamellini e l’ha intervistato.
Dopo tanti anni da ballerino, come mai l’idea di scrivere
un libro?
«Ho voluto scriverlo per chi ama la danza. Tra le pagine
mi rivolgo a chi vuole conoscere questo mondo, a chi vuole
sapere tutto quello che succede nell’ambiente di divertente,
di meno divertente, di faticoso, di sofferto, ma soprattutto
di meraviglioso, come meravigliosa è stata la mia vita
fino a oggi. Il filo conduttore è questa splendida
forma d’arte, ma in realtà nel libro c’è
la mia vita, ci sono i miei genitori, mio fratello, mia moglie,
mia figlia, le persone che ho incontrato a cui voglio bene.
Queste pagine contengono una vita di ricordi ed è un
regalo che mi sono voluto fare nel 45esimo anno della mia
carriera artistica, proprio perché è giusto
racchiudere come in uno scrigno prezioso tutto ciò
che ci è appartenuto, ci ha formati, ci ha segnati,
ci ha fatto maturare e che non vogliamo vada dimenticato,
un po’ per noi stessi e un po’ per chi ci è
stato e ci è accanto».
Nelle prime righe racconti di come è nata la tua passione
per la danza, ce ne parli?
«Per puro caso. Da bambino l’idea di fare il ballerino
non mi aveva mai sfiorato, anche perché in famiglia
non c’erano artisti, se non mio nonno che suonava la
fisarmonica. A me però l’arte attraeva e, infatti,
i miei genitori mi avevano iscritto al Centro di Educazione
Artistica di Verona. Sotto il centro, c’era una scuola
di danza e il nostro insegnante, Luigi Scapini, amava portarci
a guardare i ballerini per disegnare in movimento. La maestra,
vedendomi sempre attento, un giorno mi ha chiesto di provare:
l’ho fatto e non ho più smesso».
Un incontro fortuito che ha determinato la tua vita…
“Già. Il ballo mi ha dato tutto. Innanzitutto,
la personalità: mi ha insegnato a esprimermi, a uscire
dal guscio. La danza, del resto, non è solo passi:
il passo corretto è importante, ma è tutto il
resto che sta attorno a creare un ballerino. E poi, mi ha
fatto incontrare mia moglie, Katya Pianucci, anche lei ballerina
alla Scala, con cui ho avuto la mia splendida Susanna».
Cosa ti senti di consigliare a chi, come te, sogna di fare
il ballerino. Quali sono i segreti per farcela?
«Intanto, la cosa più importante: inutile girarci
attorno, bisogna avere tanta fortuna. Perché tra dieci
bravi ne viene scelto solo uno e questo non vuol dire che
gli altri non siano all’altezza, ma che c’è
posto solo per uno. Poi, però, la bravura non basta,
ci vuole allenamento, disciplina, costanza e carattere, bisogna
essere disposti a fare tanti sacrifici».
Qual è stato il tuo più grande sacrificio?
«Lasciare la mia famiglia, mia mamma e mio papà,
a cui dedico il libro e che non ci sono più. Sentivo
mia mamma al telefono, mi chiedeva sempre di tornare. Ora
che mancano, ho la certezza che questo sia stato il dolore
più grande: passare poco tempo con loro».
In copertina del libro c’è un Cubo di Rubik,
cosa significa?
«La mia vita è stata incasinata come quel cubo,
alla perenne ricerca di un equilibrio mai trovato e in bilico.
Nei tasselli del cubo ci sono episodi della mia vita, anche
se qualcuno l’ho volutamente lasciato bianco, da riempire
con quello che sarà che ancora non conosco».
A questo punto non ci resta che ricordare l’appuntamento
con Maurizio Tamellini: il 10 dicembre, alle 18, presso il
centro civico Verdi.
Eleonora D’Errico
fonte: http://www.giornale-infolio.it/inside.php?page=5&element=163
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